Larmonia e la polifonia sarde non sono state acquisite da altre civiltà che hanno dominato la Sardegna e che si sono alternate e sovrapposte, ma sono nate in loco, nel cuore e nella mente del sardo che le ha prese direttamente dalla natura, mutuandole dai suoni che da sempre lo hanno circondato nella campagna, soprattutto dai versi degli animali, sulla base di quella straordinaria orchestrazione naturale che Gavino Gabriel, con brillante intuizione, chiamava "mimetismo fonetico".
Il sardo canta per una necessità di liberazione di un pathos che possiede innato nel profondo dellanima e che è connaturato alla sua stessa esistenza. Canto che nasce dalla solitudine, dallisolamento, dalla necessità di vincere e superare la fatica del vivere.
Ma il pastore sardo non canta soltanto ; nel suo piccolo mondo egli va a cercare i confini, a scrutare gli orizzonti: evade con la fantasia e prima ancora col pensiero e la ragione. Questa filosofia di vita, pratica, sperimentale, empirica, unita al canto forma la poesia. E nasce, intimamente legata al canto e alla lingua, la poesia estemporanea, ultramillenaria, che, se non è proprio autoctona, è dimportazione antichissima.
Questo stesso isolamento ha consentito la conservazione del patrimonio creativo totale, che ci consente di mantenere e preservare da contaminazioni nella vita quotidiana dellisola tutte le forme di canto: dalla semplice nenia della mamma che addormenta il bambino, alle complesse esecuzioni dei cori di Castelsardo e della Gallura. Una specie di museo allaria aperta nel quale Paolo Zicconi è entrato a rivisitare canzoni e a interpretarle.
In tutte le forme di canto sardo è determinante , e quindi evidenziata, la presenza umana: il solista, il cantore, su cantadore. Laccompagnamento deve sottostare ai tempi e ai ritmi che il cantadore impone. Se noi eliminiamo questa particolarità , nata dallesigenza di cantare innata nel sardo , che fa parte della nostra cultura , e quindi della nostra identità, cancelliamo dun sol colpo una peculiarità della nostra esistenza come popolo.
Avvicinare due mondi , quello popolare e quello colto, non è stato semplice. Con questa difficoltà si sono dovuti misurare tutti i musicisti guidati da Marco Piras , in quanto hanno dovuto adattare i modelli, soprattutto i più antichi, alla rilettura imposta dalla musica colta.
I cori fanno da sfondo alle sonorità dellorchestra , ampliando latmosfera lirico poetica e religiosa dei pezzi , rafforzando lanimus nei passaggi melodici e colorando con armonie magiche le solenni e intense melodie isolane.
Tutto questo rende il lavoro unico nel suo genere , in quanto primo esperimento di fusione tra repertorio popolare sardo ed esecuzione sinfonico corale con solista lirico.
I brani seguono un ordine geografico partendo da Nuoro col "mutto" In su monte Gonare , passando in Anglona con "lattittidu"della Madonna, ancora eseguito durante i riti della settimana sant ; In Gallura con La Corsicana, un canto a metà tra la "ninna" e il "vocero". La celebre Deus ti salvet Maria appartiene allarea dellintera Sardegna, anche se le zone del Logudoro-Anglona e del Nuorese ne rivendicano la provenienza, che qualcuno invece afferma essere spagnola.
Seguono quattro inediti brani dautore: Durche terra mia (Costa-Strinna), Suerzu (Marras-Pillonca), As semenadu in mare (Sannia Masala) e il brano nel catalano di Alghero Cançò d hivern (Riccardi-Colledanchise). Sempre in algherese la canzone Minyona morena, attribuita a Badalotti-Cacciottolo, e il pezzo catalano El cant dels aucells.
Questi ultimi brani stanno a sottolineare che la matrice catalana della lingua algherese, contribuisce ad arricchire il mondo,di per sé già variegat , della cultura musicale sarda.
Salvatore Patatu
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